La fideiussione omnibus
La fideiussione omnibus rientra nella categoria della fideiussione ordinaria e consiste in quel particolare contratto di garanzia personale attraverso il quale il fideiussore si impegna a garantire il pagamento di tutti i debiti, presenti o futuri, assunti dal debitore principale nei confronti del creditore.
Non avendo una collocazione ben definita, all’interno dell’ordinamento giuridico, viene oramai ricondotta tanto all’articolo 1938 c.c. rubricato “Fideiussione per obbligazioni future o condizionali” ai sensi del quale “la fideiussione può essere prestata anche per un’obbligazione condizionale o futura con la previsione, in questo ultimo caso, dell’importo massimo garantito”, quanto nell’articolo 1956 c.c. secondo cui “il fideiussore per un’obbligazione futura è liberato se il creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore, ha fatto credito al terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito. Non è valida la preventiva rinuncia del fideiussore ad avvalersi della liberazione”.
Da ciò ne deriva che la fideiussione omnibus è frutto di un’interpolazione convenzionale della fideiussione ordinaria dal momento che la garanzia non copre un debito specifico, ma si estende a una pluralità di debiti indeterminata.
Le caratteristiche della fideiussione omnibus
È proprio per la sua duttilità che la fideiussione viene utilizzata, sovente, nella prassi bancaria; invero, consente al soggetto finanziato di ottenere con maggiore facilità la concessione del credito in quanto garantito a monte dal contratto di fideiussione omnibus, ma soprattutto permette alla banca di rafforzare la sua pretesa creditoria, avendo la possibilità di escutere il fideiussore in caso di inadempimento del debitore principale. L’ampio uso delle fideiussioni omnibus ha indotto l’Associazione Bancaria Italiana ad elaborare, nel 2003, uno schema contrattuale standard di clausole ad esse applicabili, del quale le banche, nei rapporti con clienti, hanno fatto utilizzo su larga scala.
Tuttavia, questo schema standardizzato ha destato parecchie perplessità a riguardo e nel 2005, la Banca d’Italia ha dichiarato contrarie alla disciplina antitrust tre clausole contenute nello schema negoziale per il contratto di fideiussione omnibus.
A seguito di tale evento, si sono susseguiti negli anni dibattiti dottrinali e giurisprudenziali contrastanti che hanno condotto all’intervento delle Sezioni Unite della Cassazione.
La precisazione della Cassazione
Gli Ermellini, con la sentenza n. 41994 del 30 dicembre 2021 hanno dovuto rispondere al seguente interrogativo: “Cosa accade se, nel contratto di fideiussione stipulato tra la banca e il cliente sono riportate le clausole dello schema ABI (l’Associazione Bancaria d’ Italia) dichiarate in contrasto con la disciplina antitrust?”
La Suprema Corte, abbracciando il filone interpretativo favorevole alla nullità, ha stabilito che i contatti di fideiussione omnibus sono da considerare nulli “per le sole parti che riproducono quelle dello schema ABI, salvo una diversa volontà delle parti”.
Pertanto, qualora nel contratto di fideiussione a valle, tra cliente ed ente finanziario, siano riprodotte le tre clausole dichiarate nulle dalla Banca d’Italia, opera il principio di conservazione degli atti negoziali. Ne deriva che, il contratto di fideiussione a valle sarà nullo limitatamente alle clausole riproduttive dello schema illecito a monte. Per contro, è nullo l’intero contratto, in deroga al principio di conservazione, solo laddove sia dimostrata la diversa volontà delle parti “nel senso dell’essenzialità – per l’assetto di interessi divisato – della parte del contratto colpita da nullità”.
Nonostante le ulteriori previsioni contenute nella fideiussione omnibus restino valide, la pronuncia resa dalla Suprema Corte sta comunque investendo il contenzioso bancario nelle azioni che coinvolgono fideiussori che rivestono la qualità di consumatori. In particolare, accertata la nullità parziale della deroga all’art. 1957 c.c. (una delle 3 clausole parzialmente nulle), i Tribunali hanno dichiarato la decadenza degli Istituti di Credito dall’agire in danno del fideiussore, nei casi in cui avevano avviato la loro azione oltre il termine di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, liberando il debitore dall’obbligo fideiussorio.
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