Mobbing Post Maternità: Diritti e Tutele per le Neo-mamme sul Lavoro

Cos’è il mobbing post maternità?

Il mobbing post maternità è una forma di discriminazione e vessazione che le neo-mamme possono subire al rientro sul posto di lavoro dopo il la maternità.

È un insieme di comportamenti sistematici e ripetuti nel tempo, messi in atto per emarginare e danneggiare una lavoratrice. Questo fenomeno si manifesta attraverso comportamenti ostili e sistematici da parte di colleghi o superiori, consistenti in forme di demansionamento ingiustificato, esclusione da riunioni o progetti, commenti offensivi o svalutazioni del ruolo, pressioni psicologiche finalizzate molto spesso ad indurre la lavoratrice madre ormai sgradita alle dimissioni.

Il mobbing post maternità può avere gravi conseguenze psicologiche e fisiche sulla vittima, compromettendo il suo benessere e la sua carriera professionale.

Come si manifesta il mobbing dopo la maternità?

Il mobbing post maternità può assumere diverse forme, tra cui l’assegnazione di compiti dequalificanti, l’esclusione da riunioni e decisioni importanti, la riduzione delle responsabilità, e la critica costante e ingiustificata del lavoro svolto.

Altre manifestazioni possono includere il rifiuto di concedere flessibilità oraria necessaria per conciliare lavoro e famiglia, e la diffusione di voci o insinuazioni negative sulla professionalità della lavoratrice.

Questi comportamenti mirano normalmente a creare un ambiente di lavoro ostile e insostenibile per la neo-mamma.

Diritti delle lavoratrici al rientro dalla maternità

Al rientro dalla maternità, le donne in Italia godono di una serie di diritti e tutele previste dalla legge, aggiornate anche con la Legge di Bilancio 2025.

Di seguito si indicano le  principali tutele a sostegno delle neomamme:

  • Divieto di licenziamento: la lavoratrice non può essere licenziata dall’inizio della gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino, salvo casi eccezionali come ad esempio la cessazione dell’attività.
  • Divieto di trasferimento: la lavoratrice non può essere trasferita senza il suo consenso fino al compimento di un anno del bambino.
  • Diritto alla conservazione del posto di lavoro: anche durante i periodi di congedo parentale non retribuito, il posto di lavoro è garantito.
  • Riposi giornalieri per allattamento: fino al primo anno di vita del bambino, la madre ha diritto a due ore di permesso retribuito al giorno (un’ora se l’orario di lavoro è inferiore a 6 ore).
  • Rientro graduale e flessibilità: possibilità di concordare con il datore si lavoro un rientro graduale o modalità di lavoro flessibili, anche tramite smart working, se previsto dal contratto collettivo.
  • Congedo parentale: fino ad 11 mesi totali per entrambe i genitori (massimo 6 per ciascun genitore).
  • Dimissioni volontarie: se date entro il primo anno del bambino, non è richiesto il preavviso e si ha diritto alla Naspi (indennità di disoccupazione), previa convalida presso l’Ispettorato del Lavoro.

 

Tutele legali contro il mobbing post maternità

La legislazione italiana offre diverse tutele legali contro il mobbing post maternità.

In particolare:

  • l’art. 2087 del codice civile  obbliga il datore di lavoro a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del lavoratore.
  • L’art. 2103 c.c. vieta il demansionamento, salvo casi specifici e con consenso.
  • La Legge 300/1970 (statuto dei lavoratori) tutela contro discriminazioni e licenziamenti illegittimi.

Inoltre, nei casi più gravi potrebbe ipotizzarsi un reato penale, riconducendo ilmobbing al reato di maltrattamenti (art. 572 c.p.)

Da ultimo, citiamo il Codice delle Pari Opportunità tra uomo e donna e il Testo Unico sulla Maternità e Paternità che prevedono misure specifiche per proteggere le lavoratrici da discriminazioni e vessazioni.

Prove e ricorsi legali: cosa fare in caso di mobbing post maternità

Per poter agire legalmente nei confronti del datore di lavoro nel caso in cui si è vittima di mobbing post maternità, è fondamentale raccogliere prove concrete dei comportamenti vessatori subiti. Queste possono includere e-mail, messaggi, testimonianze di colleghi, e documentazione relativa a cambiamenti ingiustificati nelle mansioni o nelle condizioni di lavoro. Una volta raccolte le prove, la lavoratrice può presentare un ricorso al Tribunale del Lavoro, per ottenere il risarcimento del danno o altre misure a supporto delle proprie ragioni (ad esempio assegnazione di mansioni compatibili con il proprio inquadramento o la reintegra in caso di licenziamento illegittimo).

 

Casi giurisprudenziali e testimonianze sul mobbing dopo la maternità

Numerosi casi giurisprudenziali hanno riconosciuto il mobbing post maternità come una forma di discriminazione e hanno condannato i responsabili a risarcire le vittime.

Citiamo, ad esempio, la sentenza n. 5166/2020 del Tribunale di Roma con la quale il giudice ha riconosciuto il mobbing post-maternità ad una lavoratrice vittima di demansionamento senza giustificazione, di spostamento di sede senza preavviso, nonché oggetto di rimproveri immotivati.

Il Tribunale ha condannato il datore di lavoro al risarcimento del danno biologico e morale, a seguito del preventivo accertamento del nesso causale tra le condotte vessatorie e l’insorgere di ansia e insonnia persistente in danno della lavoratrice madre.

La Cassazione, invece, con Ordinanza del 4 novembre 2021, n. 31742 ha ritenuto sussistente la responsabilità per mobbing nel caso in cui l’azienda non abbia salvaguardato la salute psichica della dipendente la quale, rientrata in servizio dopo l’assenza per maternità, sia stata denigrata dal personale medico del reparto, sottoposta a forme eccessive di controllo, assegnata allo svolgimento di mansioni che implicavano l’utilizzazione di macchinari nuovi senza prima ricevere un’adeguata formazione.

Da ultimo, la giurisprudenza appare unanime nel riconoscere lo straining (pressione psicologica prolungata) come forma di illecito. Anche in assenza di un intento persecutorio, sarà sufficiente dimostrare che il comportamento del datore di lavoro abbia causato stress lavorativo cronico.

Dunque, anche per  le neo-mamme è possibile ottenere giustizia e riprendere il controllo della propria vita professionale.

 

 

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