Danno da usura-psicofisica, Il Tribunale riconosce il diritto al risarcimento in favore del lavoratore

Il caso

Un ex dipendente di una società è ricorso dinanzi al Tribunale del Lavoro per accertare, a seguito delle sue dimissioni per giusta causa, la mancata corresponsione economica delle trasferte e degli straordinari svolti durante l’intero arco del rapporto lavorativo, nonchè per richiedere il risarcimento del danno da usura conseguente allo stress psico-fisico legato a tali attività.

A detta del ricorrente, oltre al mancato adeguamento economico dovuto in caso di trasferte e lavoro straordinario, la frequenza di tali incombenze, spesso a discapito della fruizione dei riposi settimanali, ha procurato al lavoratore un danno da usura al di sopra dei limiti di tollerabilità.

La decisione

Il Tribunale di Padova ha accolto le argomentazioni spese dal lavoratore riconoscendo in favore dello stesso il diritto ad un risarcimento per i danni da usura psico-fisica subìti nel corso degli otto anni di lavoro svolti presso la società.

Il Giudice, richiamando precedenti pronunce della Cassazione, già intervenuta in casi analoghi, ha precisato che questo tipo di danno rientra tra le ipotesi in cui al dipendente venga richiesto di svolgere lavoro straordinario con conseguente mancata fruizione dei riposi, oltre i limiti consentiti dalla contrattazione collettiva nazionale.

Nel caso di specie, il danno lamentato dall’ex dipendente trova tutela direttamente nell’art. 36 della  Costituzione, sicchè la lesione subita rientra tra le  ipotesi di danno non patrimoniale laddove si protragga per diversi anni, con efficienza lesiva costante ed aumento della penosità del lavoro.

Al fine di dimostrare la sussistenza del danno, al lavoratore è richiesto di dar prova del pregiudizio concreto cagionato in suo nocumento, con allegazione dei periodi di riposo non goduti, dell’abnormità delle prestazioni lavorative svolte, al punto da compromettere la sua integrità psico-fisica.

Sarà invece onere del datore di lavoro fornire prova contraria, ad esempio dimostrando di aver concesso al dipendente dei riposi compensativi, conformemente a quanto consentito dalla legge e dalla contrattazione nazionale.

Inoltre, ove il danno subìto dal lavoratore possa qualificarsi sotto forma di infermità, sarà in tal caso necessario dimostrare il nesso causale tra le attività svolte la lesione dell’integrità del dipendente, tale averne pregiudicato irrimediabilmente lo stato di salute. A mero titolo esemplificativo, nella vicenda che ci occupa il dipendente aveva prestato lavoro straordinario ben oltre le 250 ore annue e svolto trasferte durate anche diverse settimane consecutive senza alcun riposo e senza occasione di dedicarsi ai propri affetti familiari.

Si tratterà pertanto di una richiesta di danno di natura contrattuale, dal momento che il nocumento è stato cagionato a causa di un’inadempienza del datore di lavoro ed in costanza del rapporto lavorativo. L’entità del risarcimento verrà tuttavia quantificato sulla scorta del tipo di danno effettivamente lamentato dal dipendente, dalla gravità del comportamento avuto dall’imprenditore e tenuto conto delle statuizioni previste dalla normativa e dalla contrattazione collettiva applicabile.

La sentenza del Tribunale di Padova, pertanto, non fa che confermare un orientamento già consolidato tra le Corti di merito e di legittimità a tutela della salute e dei diritti costituzionalmente garantiti in favore dei lavoratori, laddove si manifestino episodi che mettano profondamente a rischio la loro integrità psico-fisica.

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