In una recentissima sentenza, pubblicata il 30 novembre 2023, il Giudice del Lavoro di Rovereto ha
affrontato una tematica di notevole importanza in tema di disabilità e discriminazione indiretta sul posto di
lavoro.
Innanzitutto, è bene comprendere che si parla di discriminazione indiretta quando vengono attuati dei
comportamenti apparentemente neutri che, però, possono mettere una persona in una situazione di
particolare svantaggio rispetto agli altri lavoratori.
Ci si interroga quindi sulla legittimità o meno di determinate condotte che, per quanto in astratto appaiano
lecite e corrette, potrebbero determinare un effetto discriminatorio nei confronti di alcuni soggetti a causa
delle loro caratteristiche “protette”, in termini di origine etnica, religiosa, età, disabilità e via dicendo.
Nel caso in esame, il Tribunale ha ritenuto nullo, in quanto discriminatorio, il licenziamento per
superamento del periodo di comporto subito da un lavoratore in condizione di disabilità, nello specifico
perché il datore di lavoro aveva considerato, per il relativo conteggio, la durata del periodo di comporto al
pari di quello previsto per i lavoratori non disabili.
Questo principio riprende una pronuncia della Corte di Cassazione, secondo cui “il datore di lavoro non può
applicare una norma della contrattazione collettiva in materia di superamento del periodo di comporto che
non distingua assenze per malattie da assenze per patologie correlate alla disabilità, con la conseguenza
che, in caso di applicazione della suddetta norma, la condotta aziendale è discriminatoria”.
È importante considerare che la nozione di disabilità è stata qui intesa in senso ampio, non strettamente
correlato all’effettivo riconoscimento dello stato di invalidità civile, bensì alla luce della definizione
elaborata dalla Corte di Giustizia Europea, in cui rientrano tutte quelle patologie croniche che possano
ostacolare o impedire lo svolgimento della prestazione lavorativa per lunghi periodi.

Patto di prova nulla: quando il licenziamento illegittimo dà luogo alla reintegra
Oggi esaminiamo una sentenza della Corte di Cassazione della sezione lavoro, la Sentenza n. 24201 del 29 agosto 2025 che