Trasferimento Illegittimo del Lavoratore: Quando e Come Impugnarlo

Cos’è il trasferimento illegittimo del lavoratore?

L’art. 2103 c.c. prevede che il trasferimento di un lavoratore possa essere attuato solo laddove sia giustificato da “comprovate ragioni tecniche organizzative o produttive”.

Ogni qualvolta il datore di lavoro disponga il trasferimento del dipendente in assenza di tali presupposti di legge si è in presenza di un trasferimento illegittimo.

Quando il trasferimento può essere considerato illegittimo?

Il trasferimento di un lavoratore può, quindi, essere considerato illegittimo nelle ipotesi in cui il datore di lavoro non sia nelle condizioni di dimostrare – in caso di contestazioni da parte del lavoratore – l’inutilità del lavoratore nelle sede di provenienza, piuttosto che la necessità della presenza di quel lavoratore (alla luce della particolare professionalità di quest’ultimo) presso la sede di destinazione, ovvero, infine, la fondatezza delle ragioni che hanno portato a scegliere di trasferire quello specifico lavoratore e non altri dipendenti che svolgano mansioni analoghe.

Perché il trasferimento non sia considerato illegittimo, le motivazioni appena individuate, oltre a sussistere realmente devono anche essere portate a conoscenza del lavoratore in forma scritta prima che il trasferimento abbia luogo.

Laddove, però, la lettera con la quale viene comunicato il trasferimento al lavoratore non indichi espressamente le ragioni che hanno dato luogo a tale provvedimento, è necessario che il lavoratore le richieda espressamente al datore di lavoro.

Diritti del lavoratore in caso di trasferimento illegittimo

Qualora il trasferimento di un dipendente venga disposto in assenza delle condizioni legittimanti il trasferimento stesso, il lavoratore ha il diritto di impugnare – prima in via stragiudiziale, e poi dinnanzi al Giudice del Lavoro – il provvedimento al fine di sentirne dichiarare l’annullamento e, eventualmente, conseguire il risarcimento dei danni patiti.

Procedure per impugnare un trasferimento illegittimo

Come accennato, nel momento in cui il lavoratore riceve una lettera con la quale gli viene comunicato il trasferimento presso altra sede lavorativa (ancorché situata all’interno del medesimo Comune) – e tale comunicazione non riporti le motivazioni sulla scorta delle quali il trasferimento viene disposto – il lavoratore ha diritto di chiedere al datore le motivazioni del trasferimento.

Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro non fornisca le motivazioni richieste, ovvero quelle fornite siano eccessivamente generici e, comunque, tali motivazioni siano ritenute non realmente sussistenti dal lavoratore, quest’ultimo ha il diritto di impugnare il trasferimento nei termini di cui alla L. n. 182/2010.

Tale normativa prevede, infatti, che il lavoratore debba – a pena di decadenza – nel termine di 60 giorni dalla data di ricezione della comunicazione del trasferimento impugnarlo in via stragiudiziale (mediante invio al datore di lavoro di una formale comunicazione a mezzo p.e.c. ovvero raccomandata a.r.).

Una volta trasmessa l’impugnativa stragiudiziale, poi, il lavoratore dovrà, nei 180 giorni successivi, depositare un ricorso avanti il Tribunale, in funzione di Giudice del Lavoro, territorialmente competente al fine di sentir accertare l’illegittimità del trasferimento disposto e, conseguentemente, dichiararne l’annullamento.

Risarcimento e tutele per il lavoratore trasferito illegittimamente

La tutela prevista in favore del dipendente nei cui confronti sia stato disposto un trasferimento illegittimo è costituita, quindi, dal diritto di impugnare tale provvedimento al fine di sentirne dichiarare l’annullamento, nonché di ottenere il risarcimento dei danni patiti in conseguenza del trasferimento stesso.

Il danno che il lavoratore può subire in conseguenza di un trasferimento illegittimo è costituto da due distinte voci:

  • Il danno patrimoniale, rappresentato dalle spese e dai costi sopportati in conseguenza del trasferimento;
  • Il danno non patrimoniale, a sua volta rappresentato dal danno biologico (che si verifica nell’ipotesi in cui il trasferimento abbia leso l’integrità psicofisica del lavoratore) e dal danno esistenziale (costituito da una lesione della vita personale, sociale e familiare del lavoratore).

Casi giurisprudenziali su trasferimenti illegittimi

In via generale, la giurisprudenza di legittimità ha affermato come debba considerarsi legittimo il trasferimento del lavoratore da una sede dell’azienda ad un’altra nel caso in cui, ai sensi di quanto previsto dall’art. 2103 c.c., sussistano le comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. (Cass. 24/12/2020 n. 29596 ).

In tema di conseguenze della dichiarata illegittimità del trasferimento, è stato affermato il principio di diritto secondo cui l’ordine giudiziale di ripristino della posizione di lavoro deve essere adempiuto riassegnando il lavoratore nel posto precedentemente occupato e nelle mansioni  originarie, e in via prioritaria rispetto ad altri dipendenti (Cass., 3.03.0.2023, n. 11564)

In tema di comunicazione dei motivi presupposti al trasferimento, è stato affermato come  datore di lavoro non sia obbligato ad esplicitare le ragioni del trasferimento contestualmente alla sua adozione ma è certamente tenuto a farlo ove il lavoratore ne faccia richiesta nei termini previsti; in difetto di tale comunicazione è illegittimo il licenziamento per giusta causa del dipendente che non accetti di trasferirsi nella nuova sede. (Cass. 28/10/2013 n. 24260).

In tema di prova del danno subito dal lavoratore in conseguenza di un trasferimento illegittimo, la Suprema Corte ha affermato come il danno esistenziale del lavoratore che è stato trasferito in una sede di lavoro lontana dalla propria residenza, nonostante avesse richiesto un avvicinamento per accudire la moglie afflitta da una grave depressione, può essere provato anche con presunzioni tra cui, ad esempio, il fatto che il dipendente impiegasse cinque ore ad andare e tornare dal lavoro ogni giorno. (Cass. 18.01.2021, n. 703).

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