Oggi esaminiamo la recente ordinanza del 13 settembre della Corte di cassazione che è tornata ad affrontare la dibattuta questione relativa al requisito dell’immediatezza della contestazione disciplinare.
Il principio ribadito dalla suprema corte impone al datore di lavoro di contestare tempestivamente al dipendente la condotta scorretta, evitando così di rendere più difficile se non impossibile la difesa del lavoratore.
Questo non significa che la contestazione debba avvenire immediatamente, ma sicuramente vuol dire che deve essere portata a conoscenza del lavoratore senza ritardi ingiustificati.
La sentenza della Cassazione arriva a definzione di una vicenda che aveva visto trionfare il lavoratore nei due primi gradi di giudizio, in particolare nel caso esaminato, la contestazione disciplinare era stata portata a conoscenza del dipendente oltre due mesi dopo la commissione del fatto oggetto del procedimento.
La Corte, confermando le precedenti decisioni e ribadendo il principio stabilito dall’articolo 7 dei lavoratori, afferma che, pur trattandosi di un principio relativo che deve essere riferito necessariamente al contesto aziendale e alla sua complessità, il rispetto dell’immediatezza della contestazione dev’essere interpretato sempre a tutela del lavoratore.
Ciò vuol dire che,anche in aziende particolarmente grandi e rispetto a fatti che possono richiedere indagini maggiormente complesse la contestazione non potrà avvenire oltre un ragionevole limite temporale che possa pregiudicare il lavoratore nelle sue difese, ad esempio mettendolo in condizione di non poter più reperire corrispondenza utile alla propria tesi o semplicemente anche per dimenticanza dei fatti verificatesi.