Ius Variandi nel Diritto del Lavoro: Cosa Significa e Quali Sono i Tuoi Diritti

1. Introduzione allo Ius Variandi: definizione e contesto legale

Lo ius variandi rappresenta il potere del datore di lavoro di modificare le mansioni del dipendente durante lo svolgimento del rapporto lavorativo rispetto a quanto concordato al momento
dell’assunzione.
Tale potere è disciplinato dall’articolo 2103 del Codice civile e si giustifica in relazione alle esigenze organizzative aziendali.
Lo ius variandi rappresenta una delle manifestazioni del potere direttivo del datore di lavoro e costituisce, al contempo, una significativa peculiarità del contratto di lavoro.

2. Modalità e Limiti del ius variandi nel diritto del lavoro
Lo ius variandi si sostanzia nel potere del datore di lavoro di modificare unilateralmente la posizione e le mansioni dei propri dipendenti.
Tale facoltà è disciplinata dall’art. 2103 c.c., a mente del quale “il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti all’inquadramento superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni riconducibili allo stesso livello e categoria legale di inquadramento delle ultime effettivamente svolte […]” e costituisce una delle manifestazioni del potere direttivo del datore di lavoro.
Trova giustificazione nelle esigenze dell’organizzazione del lavoro a fronte di situazioni dinamiche o imprevedibili.
Sulla base di quanto disposto dalla norma, il dipendente ha diritto di svolgere le mansioni indicate nel contratto di lavoro ma è legittimo il passaggio ad altre mansioni se comprese nel livello e nella categoria legale di appartenenza. In tale caso si parla anche di mobilità orizzontale.  
Il datore non ha dunque alcun limite nell’assegnazione al dipendente di nuove mansioni se in base al contratto collettivo applicabile al rapporto di lavoro il mutamento delle mansioni non comporta alcuna variazione di livello e categoria. In tale contesto, pertanto, per valutare la legittimità della modifica delle mansioni si dovrà tenere conto del sistema di classificazione del personale previsto nel contratto collettivo applicato dal datore di lavoro. 
Allo stesso modo, il lavoratore può essere adibito a mansioni superiori, con diritto al trattamento retributivo corrispondente all’attività svolta e allora si parlerà di mobilità verticale.
Il lavoratore, solo in caso di modifica degli assetti organizzativi aziendali che incida sulla posizione del lavoratore, può essere adibito anche a mansioni appartenenti al livello di inquadramento immediatamente inferiore a quello di appartenenza, purché le stesse rientrino comunque nella medesima categoria legale (ovvero quelle previste dall’art. 2095 c.c.: operai, impiegati, quadri, dirigenti).

3. Diritti del lavoratore di fronte a modifiche unilaterali contrattuali
Dal momento che le modifiche unilaterali delle condizioni di lavoro possono avere un impatto significativo sulla vita dei lavoratori, è fondamentale che tali modifiche siano effettuate nel rispetto delle norme e dei diritti dei lavoratori.
In particolare, nei casi di assegnazione a mansioni inferiori, è previsto un preciso obbligo informativo nei confronti del lavoratore: infatti, il mutamento di mansioni deve essergli comunicato per iscritto, a pena di nullità.
Inoltre, il lavoratore demansionato ha diritto alla conservazione del livello di inquadramento e del trattamento retributivo in godimento, tutelato dalla garanzia della irriducibilità della retribuzione, fatta eccezione per gli elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa; infatti, i trattamenti di miglior favore costituiscono componenti aggiuntive e non sono coperti dalla tutela dell'articolo 36 Costituzione.
Nel caso di assegnazione a mansioni superiori, invece, il lavoratore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività effettivamente svolta.
L’assegnazione diventa definitiva, salvo diversa volontà del lavoratore, solo nel caso in cui non abbia avuto luogo per ragioni sostitutive di altro lavoratore in servizio, o dopo il periodo fissato dai contratti collettivi o, in mancanza, dopo sei mesi continuativi.
Per il mutamento di mansioni è previsto, ove necessario, l’assolvimento dell’obbligo formativo.
Tuttavia, il mancato adempimento non determina la nullità dell’atto di assegnazione delle nuove mansioni.
Quanto, invece, alla tematica relativa all’assegnazione ad altra unità produttiva, va specificato che il lavoratore non può essere trasferito se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. In ogni caso qualsiasi variazione deve avvenire nel rispetto dell’ambito di categoria legale per la quale il lavoratore è stato assunto.

4. Procedure e ricorsi per contestare modifiche unilaterali: difendere i Tuoi Interessi
Di regola, il datore di lavoro può decidere di modificare unilateralmente le mansioni del dipendente, ovvero senza la necessità di consultarlo in via preliminare, con l’unico limite che le nuove mansioni siano riconducibili allo stesso livello e categoria.
Un caso particolare è rappresentato dall’accordo tra datore di lavoro e dipendente circa la sottoscrizione di un patto di declassamento. In tale ipotesi la legge, previo reciproco consenso,
riconosce alle parti il potere di modificare in senso peggiorativo la mansione nonché la relativa retribuzione.
Di norma, tale patto viene concluso a vantaggio del lavoratore, ad esempio al fine di preservare il posto di lavoro, ovvero migliorare le proprie conduzioni di vita, nonché fornire competenze
professionali differenti.
Al di fuori di questi casi il dipendente, qualora ravvisi un’illegittima modifica unilaterale delle proprie mansioni, ha facoltà di ricorrere al tribunale.
Il lavoratore, in via preliminare, potrà scrivere con l’ausilio di un legale una lettera al datore di lavoro al fine di risolvere bonariamente la problematica e prevenire un contenzioso, ma qualora tale modalità non dovesse sortire gli effetti sperati, si potrà presentare ricorso al Giudice del lavoro al fine di ottenere il ripristino della precedente situazione e/o la condanna del datore di lavoro al risarcimento dei danni subiti.

5. Conseguenze delle Modifiche Unilaterali: Sanzioni e Risarcimenti
Come già anticipato nel paragrafo precedente, in caso di modifiche unilaterali del contratto di lavoro che recano pregiudizio ai lavoratori, questi ultimi hanno il diritto di adire le vie legali per tutelare i propri diritti.
I danni risarcibili possono essere tanto di natura patrimoniale quanto non patrimoniale.
In relazione alla prima tipologia, il dipendente può richiedere il risarcimento conseguente alle perdite economiche dovute all’impoverimento della capacità professionale (mancata acquisizione di competenze, perdita di chance); quanto alla seconda categoria, possono essere altresì riconosciute le lesioni morali alla personalità, nonché il danno biologico e/o danno esistenziale.
A ciò si aggiunga la possibilità di ottenere una variazione delle mansioni unilateralmente modificate dal datore di lavoro.

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