VIOLAZIONE DELL’OBBLIGO DI REPÊCHAGE E REINTEGRA DEL LAVORATORE

COS’È IL REPÊCHAGE

Il repêchage (ripescaggio) è un istituto giuridico fondamentale nel contesto dei licenziamenti.

Esso, difatti, impone al datore di lavoro di valutare attentamente la possibilità di ricollocare il dipendente in una posizione diversa all’interno dell’azienda, anche se inferiore a quella precedentemente ricoperta, permettendogli così la possibilità di conservare lo stipendio.

Ne possono beneficiare tutti i lavoratori, dirigenti compresi.

In aggiunta, va sottolineato che l’obbligo di repêchage si applica solo ai casi di licenziamento per motivi economici, sia individuali che collettivi; pertanto, non riguarda i licenziamenti disciplinari basati su giusta causa o giustificato motivo soggettivo.

 

COME FUNZIONA

Come già anticipato, il repêchage è strettamente legato al giustificato motivo oggettivo di licenziamento, che, ai sensi dell’art. 3 della l. n. 604/1966, consiste nel licenziamento dovuto a “ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”.

Ed invero, può capitare che il datore di lavoro, nell’esercizio della sua attività d’impresa, venga mosso da necessità economiche o riorganizzative che lo spingano a sopprimere determinate categorie.

Pertanto, prima di procedere al licenziamento del dipendente inquadrato nella cessata attività, dovrà aver dato prova dell’impossibilità di ricollocare utilmente il lavoratore.

Ad esempio, potrà dimostrare che il dipendente non possedeva la capacità professionale richiesta per svolgere un diverso ruolo, ovvero che i posti residui erano stabilmente occupati, ovvero che lo stesso dipendente non ha manifestato il proprio consenso alla prospettata possibilità di reimpiego in mansioni inferiori.

Se il datore di lavoro non rispetta l’obbligo di repêchage, il licenziamento per motivi economici può essere considerato illegittimo e il lavoratore avrà diritto alla reintegrazione nell’azienda.

 

NOVITÀ GIURISPRUDENZIALI

In tema di repêchage, merita un approfondimento la recente ordinanza della Cassazione n. 9937/2024 attraverso la quale la Corte ha espresso il seguente principio di diritto: In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, alla «insussistenza del fatto» – ipotesi comprensiva dell’impossibilità di ricollocare altrove il lavoratore – consegue sempre la tutela reintegratoria, senza che assuma rilevanza la valutazione circa la sussistenza, o meno, di una chiara, evidente e facilmente verificabile assenza dei presupposti dì legittimità del recesso”.

La vicenda trae origine dall’illegittimità del licenziamento intimato ad un lavoratore per ritenuta inidoneità fisica, con condanna della S.p.a., datrice di lavoro, alla reintegra nel posto di lavoro del dipendente nonché al risarcimento del danno in suo favore.

Riprendendo quanto sostenuto in primo grado, i Giudici d’appello ritenevano indimostrata l’impossibilità di repêchage del dipendente, sostenendo che il datore di lavoro non avrebbe fornito la prova che «tutti i posti di lavoro erano stabilmente occupati al momento del licenziamento e che, dopo di esso e per un congruo periodo di tempo, non sono erano state effettuate assunzioni».

Dal momento che il lavoratore veniva esonerato dall’obbligo di indicare le posizioni alternative cui avrebbe potuto essere adibito, il licenziamento veniva, di contro, considerato illegittimo con conseguente obbligo di reintegra “attenuataex art.18 co. 4, della legge 300/1970.

Avverso tale decisione la società adiva la Corte di Cassazione.

Ebbene, anche i giudici di legittimità, respingendo il gravame della società, confermavano i precedenti orientamenti giurisprudenziali: “nell’ipotesi di licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta del lavoratore, grava sul datore di lavoro l’obbligo di provare la sussistenza delle giustificazioni del recesso, dimostrando le condizioni del dipendente, l’impossibilità di adibirlo a mansioni compatibili con il suo stato di salute, eventualmente anche inferiori, nonché l’impossibilità di adottare accomodamenti organizzativi ragionevoli”(Cassazione 6497/2021).

Ne consegue che, “se il datore di lavoro non rispetta l’obbligo di repêchage, il licenziamento del lavoratore è illegittimo. Il lavoratore può quindi impugnare il licenziamento e richiedere la reintegrazione nel posto di lavoro o, in alternativa, un’indennità risarcitoria”. (Cass. ord. n. 9937/2024 del 12 aprile 2024).

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