
INQUADRAMENTO CONTRATTUALE DEL LAVORATORE
Introduzione all’inquadramento lavorativo: definizione ed importanza L’inquadramento contrattuale consente di classificare i dipendenti all’interno dell’azienda
Per inquadramento contrattuale intendiamo il ruolo attribuito al lavoratore all’interno dell’azienda in relazione alla categoria, mansioni e qualifiche propri del suo impiego, necessario per stabilire il trattamento economico e normativo da applicare al dipendente.
All’interno della macroarea “categoria” la legge individua quattro figure determinate, quali:
In relazione alla categoria viene individuato il gruppo professionale al quale appartiene il dipendente.
Le “mansioni”, invece, sono le attività e responsabilità attribuite concretamente al lavoratore, contenute all’interno del contratto. Pertanto, attraverso l’attribuzione delle mansioni viene individuata la “qualifica”, ovvero il ruolo che il lavoratore assume in azienda.
La contrattazione collettiva prevede un’ulteriore classificazione dei lavoratori in relazione ai livelli di professionalità in cui gli stessi vengono inquadrati. Le categorie legali ai quali si fa riferimento sono: impiegati di concetto e operai.
Gli impiegati di concetto si dividono in
Gli operai, invece, si distinguono in
Ne consegue che il dipendente, all’atto di assunzione, verrà collocato nella categoria legale di riferimento (dirigente, quadro, impiegato, operaio) nonché nel livello corrispondente alle mansioni realmente e concretamente svolte, con il relativo trattamento retributivo.
Ed invero, l’art. 2103 c.c. precisa che “le mansioni assegnate al dipendente sono esattamente quelle che appartengono al proprio livello”. Tale statuizione viene ripresa e sviluppata dai contratti collettivi, i quali elencano in modo preciso e dettagliato tutte le mansioni riconducibili a un determinato livello di inquadramento.
Talvolta, non di frequente per l’appunto, si verifica il caso in cui, nelle more del rapporto di lavoro, il dipendente non svolga di fatto le attività contrattualmente stabilite.
Pertanto, allorquando il dipendente svolga per un prolungato periodo, ed in modo prevalente, mansioni superiori al proprio livello, secondo la legge, avrà diritto sia al riconoscimento retributivo corrispondente, sia al riconoscimento definitivo del livello superiore, nonché al pagamento delle conseguenti differenze retributive. Qualora il datore di lavoro dovesse opporsi a tale richiesta, il lavoratore avrà diritto di rivolgersi all’autorità giudiziaria per far valere le proprie ragioni. L’onere della prova circa l’errato inquadramento grava sul dipendente, il quale dovrà dimostrare quali siano i profili caratterizzanti la mansione esercitata, la professionale maturata, l’attribuzione delle mansioni ad un determinato inquadramento, la continuità nel tempo dello svolgimento di siffatte mansioni ed infine l’assenza di ragioni sostitutive di altro collega in servizio che avrebbero legittimato la modifica.
Quanto alla prescrizione, il lavoratore avrà a disposizione dieci anni dal giorno in cui avrebbe avuto diritto all’inquadramento superiore per richiedere la regolarizzazione del livello, mentre cinque anni qualora volesse richiedere le differenze retributive che da tale superiore qualifica scaturiscono.
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